Stefano Fanara
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La chiesa, iniziata nel 1251 faceva parte del complesso conventuale degli Umiliati, un ordine giunto a Firenze da Alessandria nel 1239[1].
Anche se la loro regola era stata approvata da papa Onorio III, l'ordine si era costituito nell'ambito dei movimenti pauperistici ai limiti dell'eresia. Gli Umiliati si affermarono come congregazione laica maschile e femminile, dedita alla perfezione evangelica e alla povertà, ma specialmente al lavoro che era parte integrante della vita dei religiosi, impegnati soprattutto nella lavorazione della lana e del vetro[1].
A Firenze gli Umiliati si stabilirono prima fuori città, presso San Donato in Polverosa, quindi presso la chiesetta di Santa Lucia (1251), estendendo gradualmente le loro proprietà fino a comprendere un oratorio sul borgo (cioè su una strada fuori della vecchia cinta muraria), dove fecero costruire la loro chiesa ad honorem Sanctorum Omnium e il convento; il complesso venne portato a termine dal 1278 al 1294[2].
La zona era particolarmente adatta alla lavorazione della lana, perché all'altezza della porta alla Carraia, dove il Mugnone sfociava nell'Arno, c'era un'isoletta che formava un canale utile per ricavare l'energia idraulica per mulini e gualchiere. Per favorire tale sfruttamento, gli Umiliati costruirono la pescaia di Santa Rosa, insieme a un ricco sistema di canali. Il loro convento era dunque un vero e proprio centro del lavoro organizzato e il paesaggio urbano circostante venne caratterizzato da edifici legati all'attività produttiva dei religiosi, assieme alle case per gli artigiani ed ai tiratoi dove si "tirava" la lana, cioè la si lavava dopo la tintura e la faceva asciugare. Per il loro prestigio, alla fine del Duecento gli Umiliati furono chiamati a ricoprire importanti cariche pubbliche. Intanto la chiesa si andava arricchendo di opere d'arte di straordinario pregio, grazie anche al mecenatismo delle famiglie del quartiere, che avevano raggiunto una solida posizione economica e sociale[1].
All'inizio del Trecento la chiesa era così ricca da intraprendere un prestigioso programma decorativo, che aveva il fulcro nell'attività di Giotto: intorno al 1310 veniva posta sull'altar maggiore la Maestà ora agli Uffizi, la Croce dipinta e, dal distrutto coro dei monaci, la Dormitio Virginis oggi a Berlino.
In quegli anni Ognissanti era anche un fervido centro dell'attività politica repubblicana: qui si radunarono i congiurati contro Giano della Bella, tra i quali c'era anche Dino Compagni.
Nel Quattrocento, lavorarono in Ognissanti Sandro Botticelli (che nella chiesa è sepolto) e Ghirlandaio[1].
In particolare il Ghirlandaio era stato assoldato dalla famiglia Vespucci, di cui faceva parte anche il famoso Amerigo, il navigatore che diede il suo nome all'America. Per loro affrescò una Pietà e una Madonna della Misericordia e anche l'Ultima Cena nel refettorio[1].
Il Cinquecento: i Francescani
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Durante il secolo successivo gli Umiliati cominciarono a diminuire di numero e di prestigio, anche per il cambiamento del panorama artigianale della città, orientato ora sulla lavorazione della seta piuttosto che della lana.
I francescani portarono arredi ed opere d'arte in loro possesso e soprattutto una venerata reliquia di san Francesco D'Assisi, il saio che il santo avrebbe indossato nel 1224, quando ricevette alla Verna le stimmate (la reliquia da qualche anno è stata trasferita nel santuario della Verna)[1].
Subito vennero iniziati dei lavori di ristrutturazione: vennero costruiti i due chiostri, e la chiesa fu riconsacrata nel 1582 e intitolata a San Salvatore ad Ognissanti, in onore della primitiva sede dell'ordine nella chiesa di Monte alle Croci[1].
Ai primi del Seicento fu decorato il chiostro. Nel 1627 la chiesa fu ristrutturata internamente su disegno dell'architetto Matteo Segaloni con l'aiuto esecutivo di Sebastiano Pettirossi, su incarico di Ferdinando II de' Medici, con rinnovamenti radicali che determinano l'aspetto odierno della chiesa.